Hasty, il calciatore che aveva un braccio solo e cadde vittima dei Troubles

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Scendeva da Brougham Street alle 8 del mattino, Jimmy Hasty. La zona è quella del nord ovest di Belfast, Sailortown, quartiere di marinai e armatori, o tutt’al più operai. Vi era nato nel ’36 e qui era tornato a vivere, e quella mattina era appena uscito di casa diretto verso il suo lavoro (faceva l’allibratore): il passo deciso di chi ha quarant’anni e una vita che ha ancora un secondo tempo da giocarsi davanti. Cosa gli accadde in quel momento fatale, come si trovò una pistola alla schiena, resta un mistero, così come è un mistero – tutt’oggi – il nome di chi sparò alle sue spalle in quella fredda mattina dell’11 ottobre del 1974 a Belfast. Si sa per certo, però, che quel delitto fu un’azione di vendetta dell’Ulster Volunteer Force, una delle forze paramilitari lealiste che sconvolsero il Nord Irlanda contrapponendosi alla violenza dell’Ira.

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Dieci anni senza Robson, che Gascoigne chiamava “padre”

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È un figlio delle miniere inglesi Bobby, il padre estraeva carbone su nel nord del Paese e lo ha cresciuto con addosso un’ambizione, il Newcastle, che il Robson calciatore non ha mai gustato, riservandosela invece per la fine della sua vita, umana e sportiva, da allenatore. Dieci anni sono passati dalla morte del manager inglese, portato via da un tumore che ha sfidato a lungo anche nei suoi anni in panchina, specie nello stressante periodo al Barcellona. I suoi successi sono noti e dicono della sua abilità da tecnico. Ma c’è una storia che parla più di ogni partita vinta e dice del suo essere padre, prima che allenatore.

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In FA Cup possono vincere tutti, compresa la squadra della polizia

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Giocano in un misero campo del sud ovest di Londra, e da ormai cento anni sono la versione calcistica della polizia della capitale inglese. Benvenuti al Metropolitan Police Fc, piccolo club che gioca in Southern League Premier Division South (per arrivare a disputare un derby con l’Arsenal, per capirci, dovrebbero vincere sei campionati di fila), e che quest’anno, per la quinta volta nella sua storia, parteciperà al primo turno della FA Cup, dopo aver già vinto tre match nella fase di qualificazione. La prossima sfida in programma sarà il 10 novembre, contro i gallesi del Newport County, attualmente in League Two. Un abisso davanti a questa strana squadra, che con la spavalderia che il trofeo richiede (avete mai sentito parlare dei giant killers?) attende il match.

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Cosa ci fa Bob Marley sulla maglia dei Bohemians?

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Cosa ci fa Bob Marley sulla maglia dei Bohemians? E’ una vera meraviglia la divisa da trasferta del club di Dublino, che per una volta sveste i canonici colori rossoneri per concedersi un’uniforme interamente bianca, accompagnate da tre righe “rasta” verdi-giallo-rosse sul lato sinistro. Dall’altra parte, ben riconoscibile, il faccione del leggendario cantante reggae, a impreziosire una maglia prodotta da O’Neill (celebre per le tante jerseys di calcio gaelico) e destinata ad andare rapidamente a ruba.

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Quando il calcio incontra i Lego. Fc Brickstand, una squadra ad incastro

 

IMG_2965-818x430.jpgSono reduci da una vittoria in trasferta contro il Makersfield Town, mentre la settimana prima avevano vinto in casa contro Brickley Town, dopo un’amichevole estiva pareggiata contro l’Olymbrick de Marseille. In classifica puntano a raggiungere in vetta l’Athletic Buildbao, ma devono difendersi da squadre come Plastic Thistle, Blockport Country o Play Wanderers. È il calcio ad incastro dell’Fc Brickstand, la squadra interamente fatta di Lego dall’inglese Chris Smith. Trentacinque anni, appassionatissimo di questo gioco, il britannico già era finito sui giornali, qualche anno fa, col suo tentativo di realizzare tutti e 92 gli stadi dei club di calcio inglese coi mitici mattoncini danesi. E se pareva un’impresa tanto geniale quanto titanica riprodurre in quel modo templi come Old Trafford, Stamford Bridge e Anfield Road, qui Chris ha osato di più, inventandosi un vero e proprio club che disputa settimanalmente una lega apposita. Il tutto documentato su internet e Twitter con foto, interviste e video.

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Sì, esiste pure l’allenatore delle rimesse laterali, al Liverpool. E vuole rivoluzionare il calcio

 

Il-Liverpool-prende-un-allenatore-per-le-rimesse-laterali-lo-specialista-Gronnemark.jpg«Devo essere onesto, non ho mai sentito parlare di un allenatore delle rimesse laterali. Quando ho sentito di lui era chiaro che avrei voluto incontrarlo. Quando l’ho conosciuto ho capito che lo volevo ingaggiare». Non si fa problemi a raccontare come andò quell’incontro Jurgen Klopp, maestro di calcio a Dortmund e oggi a Liverpool. Per i Reds ormai da qualche mese è al lavoro Thomas Gronnemark, 42 anni danese, un passato da atleta e bobbista per la sua nazione, oggi primo allenatore delle rimesse laterali che il calcio conosca. Allo scandinavo appartiene il record di “throw-in” assoluto, con una distanza di 51,33 metri coperti lanciando la palla con le mani. Numeri che lo hanno avvicinato ormai da diversi anni a più club europei (in passato ha lavorato in patria con Horsens, Midtjylland e per alcune squadre di Bundesliga), con l’obbiettivo di rivoluzionare le rimesse laterali, troppo spesso considerate quasi inutili per schemi e giocate.

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L’aiuto del Papa per sciogliere la “maledizione di Mayo”

 

Schermata 2018-08-26 alle 15.08.08.pngNon è certo la cosa più importante che ha fatto Papa Francesco nel suo viaggio in Irlanda, ma il video della firma di Bergoglio sulla divisa della squadra di calcio gaelico di Mayo sta facendo il giro del Paese. Basterà per sciogliere quella maledizione che attanaglia la contea dal 1951, ci si chiede ironicamente? La risposta ci sarà forse solo a partire dal prossimo anno, dato che la finale 2018 dell’All-Ireland Championship (in programma il prossimo 2 settembre) vedrà in campo Dublin e Tyrone, con la squadra verde-rossa già stata eliminata.

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Calcio ed etnie. “Les Bleus” è il film che riesce a farti stare simpatici i francesi

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«L’ultima volta che ci fu tanta gente sugli Champs-Elysees fu dopo la Seconda Guerra Mondiale. Dopo la Seconda Guerra Mondiale!». Lo ripete due volte Youri Djorkaeff, e sono passati ormai vent’anni. Ancora non ci crede quando ripensa a quanto accadde all’indomani del successo della Nazionale francese nel Mondiale casalingo del ’98. Un popolo impazzito per il calcio e per la sua squadra dall’anima “black-blanc-beur” (nero bianco e arabo), formula che negli anni, però, diventerà quasi un’ossessione, un mantra che nel docufilm “Les Bleus – Une autre histoire de la France” (disponibile su Netflix) torna a galla con frequenza nel ripercorrere i due decenni che hanno fatto seguito a quel clamoroso successo. La pellicola è stata prodotta nel 2016, all’indomani del boccone amaro che fu l’Europeo perso in finale col Portogallo, ma è facile rintracciarvi l’humus che ha portato al successo dello scorso luglio al Mondiale di Russia.

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Il fascino degli stadi scozzesi stampato sulle maglie

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Il fascino degli stadi scozzesi stampato su magliette, tazze e borse. Si chiama “Scottish Football Stadium Prints” il progetto di Steve Stewart, designer britannico che, con le sue creazioni, riesce a rendere iconici i particolari della gran parte degli impianti da calcio che si trovano a nord del Vallo di Adriano. A scorrere le fotografie presenti sul sito si rimane colpiti: dai ben noti “home grounds” di Celtic e Rangers si passa ai campi più piccoli della Championship e giù fino alla League Two.

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Due retrocessioni di fila, ma il Sunderland fa il record di tifosi

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Immaginate di tifare una squadra inglese storica, che in bacheca ha più di un titolo nazionale e che è abituata a giocare il suo derby contro un’istituzione come il Newcastle. Immaginate che questa squadra, dopo dieci anni in Premier League a spendere e spandere in ogni direzione, arruolando gente come Borini, Giaccherini, Mannone, Altidore, Ricky Alvarez, Defoe, M’Vila, Coates, Januzaj, Pienaar, Kaboul, Lescott, O’Shea, Pickford solo per dirne alcuni, con manager dal piglio internazionale come O’Neill, Advocaat, Di Canio, Poyet, Allardyce e Moyes, ecco, immaginate che un club così si trovasse invece a far fronte a due clamorose retrocessioni consecutive.

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